Teleperformance: “Non ci renderemo complici di accordi che riducono salari e diritti”

Credo che la conferenza stampa di una settimana fa in cui annunciavamo il ritiro della firma dal Protocollo di sviluppo con Confindustria oggi si rappresenti ancora meglio attraverso la storia che vi stiamo per narrare. Una storia di percorsi non condivisi, di rotture, di irrazionale preclusione verso la ragionevolezza che vorrebbe un’azienda che si dice in crisi andare verso un patto di comunanza con i lavoratori che garantiscono quella produttività e non, come sta accadendo, verso il più classico del divide et impera.

Così Giovanni D’Arcangelo, segretario della CGIL di Taranto, all’esordio della conferenza stampa di questa mattina convocata da CGIL, Nidil e SLC sulla situazione occupazionale all’interno della multinazionale dei call center Teleperformance.

A presiedere l’incontro oltre D’Arcangelo, ci sono Andrea Lumino e Daniele Simon, rispettivamente segretari generali provinciali della SLC e del Nidil. Tutti al di sotto dei 40 anni, rappresentano la nuova leva del sindacato che sul fronte della dignità del lavoro sta conducendo una battaglia partendo proprio dalla solidarietà tra lavoratori di una stessa fabbrica.

E il riferimento di D’Arcangelo al protocollo con Confindustria non è casuale.

Se le aziende derogano, svicolano, e tendono a creare condizioni di contrasto addirittura tra lavoratori diretti e somministrati, tra chi opera nelle postazioni call center di una commessa piuttosto che di un’altra è perché – spiega D’Arcangelo – anche in virtù di quegli accordi separati, passa il principio che di fronte alla crisi, o presunta tale, si debba tagliare sul salario o sui diritti dei lavoratori, o cercare di aumentare i carichi di lavoro quanto più possibile in termini di produttività con la promessa (sempre più lontana) di una stabilizzazione contrattuale. Un “così è se vi pare” che proprio al cospetto di un fronte della rappresentanza diviso, polverizzato in posizioni diverse, riesce a indebolire proprio chi abbiamo il dovere di difendere.

Non a caso allo stesso tavolo sono uno accanto all’altro i rappresentanti delle categorie a rischio: quella dei diritti rappresentati dalla SLC e quella dei somministrati aderenti al NIDIL.

La vertenza Teleperformance è la perfetta metafora di come la deregolamentazione del mercato del lavoro e la sempre più spinta necessità delle imprese di arrivare al massimo profitto senza rispetto di regole e diritti si scarica sui lavoratori – dice Lumino – Teleperformance chiede infatti di applicare l’ammortizzatore sociale della FIS (Fondo Integrativo Salariale) a cui potrebbe accedere anche senza accordo sindacale, da applicare sui dipendenti di alcune commesse in difficoltà (Enel, Illiad, Eni) e non su altre (Amazon, Enel Mercato Libero). Stessa azienda, stesso contratto ma sacrifici e destini differenti.

Ma il tavolo del 26 marzo scorso, in cui si dovevano approfondire le ragioni che avevano indotto Teleperformance ad aprire un tavolo sulla crisi aziendale, si è rilevato un luogo in cui l’azienda ha cercato di scaricare la probabile crisi su alcuni e senza analizzare compiutamente un percorso da seguire. Si è cercato di tendere un tranello alle organizzazioni sindacali dicendo che bisognava agire su un gruppo ristretto di lavoratori.

La società da una parte chiede di tagliare orari di lavoro e salari ad alcuni dipendenti, contemporaneamente – spiega Simon – in barba alla crisi che giustificherebbe l’accesso all’ammortizzare sociale, comunica a 125 lavoratori somministrati la trasformazione del loro contratto in staff leasing. E fino a qui c’è una nostra apertura a discutere, ma bisogna partire dal principio che ci sono lavoratori che operano sulle commesse commerciali da diversi anni in attesa di una stabilizzazione. Contratti in essere di 20 ore settimanali solo sulla carta, dato che viene chiesto ai lavoratori in maniera continuativa e consolidata di esprimere una disponibilità a svolgere lavoro supplementare e/o straordinario. Ma anche il progetto di staff leasing sembra allontanarsi di fronte alla posizione della CGIL sulla richiesta dell’azienda di ammortizzatori sociali. Senza la FIS nessun accordo per la stabilizzazione dei precari.

La crisi di commesse, alcune tagliate dopo il vizio rilevato dall’antitrust per l’utilizzo di dati coperti dalla privacy è in realtà il pretesto per svincolarsi dall’impegno verso questi lavoratori e questo territorio – dice il segretario D’Arcangelo – perché da una parte si collocano in FIS alcuni diretti riducendo salari e tempi e dall’altro si “noleggiano” ricorre all’utilizzo di lavoratori a minor costo e con minori diritti, cercando l’avallo del sindacato che dovrebbe giustificare una operazione che pesa solo sulla pelle dei lavoratori.

Inoltre, Teleperformance dimentica, o fa finta di dimenticare, che nel tempo si sono alternati contratti di somministrazione a lavoratori che hanno svolto le loro mansioni anche per diversi anni, alimentando la propria aspettativa di essere stabilizzati. Ci sono lavoratori che sono ancora lì in questa condizione e altri che sono stati mandati via dopo diversi anni di servizio. Quello che vorremmo comprendere da Teleperformance è quando arriverà il tempo della stabilizzazione per questi lavoratori che hanno già ampiamente dimostrato di essere affidabili.

Mentre siamo in conferenza stampa, questa mattina a altri 12 lavoratori somministrati che lavoravano alla commessa Illiad e a cui il contratto scadeva il prossimo 31 marzo è stato annunciato il benservito – commenta Simon – 12 famiglie utilizzate ancora una volta come merce di scambio.

Siamo tutti dalla stessa parte – sottolinea Lumino – e il sindacato non si renderà complice di un accordo per ammortizzatori sociali che mette i lavoratori gli uni contro gli altri e li impoverisce nelle tasche e nei diritti.

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